Certo per lui Lazio-Juve avrebbe significato tanto: Martin Caceres. Sei anni in quel di Torino e tanti ricordi, invece il “Pelado” oggi non sta bene e dovrà stare lontano dal campo di gioco.

 «Mi è spiaciuto un sacco segnare alla Juve (quando era ancora al Verona, ndr). Sono stati sei anni che mi sono goduto alla grande, ho avuto un bel rapporto con i compagni. Si rimane affezionati a quella maglia. Però è sempre bello far goal, anche per questo ho esultato. E tanto».

Così ha esordito l’uruguaiano ai microfoni di TuttoSport.

Con chi è rimasto in contatto?
«Con Dybala e Cuadrado, che ho cercato subito dopo l’operazione. E poi con Chiellini, anche se un po’ che non ci sentiamo».

Alla Juventus è passato alla storia l’urlo di Conte che, nel 2013, le fece perdere le tracce di Cristiano Ronaldo…
«Conte? Era meglio giocare sull’altra fascia… Un grandissimo, comunque (e che si prese la colpa di quello svarione, ndr)».

Cosa ha imparato a Torino?
«La mentalità vincente, una cultura del lavoro come da poche altre parti».

Il duello scudetto si deciderà nello scontro diretto?
«È ancora lontano: bisogna vedere se ci saranno infortuni, quanto inciderà la Cham- pions. Vedo bene il Napoli perché i giocatori ormai si conoscono e sono in forma. Hanno voglia, si è capito lunedì sera a Cagliari, dopo il rinvio della partita di Torino: sono scesi in campo e hanno rifilato cinque pappine agli avversari. La Juventus ha il vantaggio di sapere per che cosa deve lottare ogni anno, ovvero il massimo: la forza mentale è la sua arma in più».

La consideravano finito a neanche 30 anni: quanto le ha dato fastidio?
«Quando senti questi voci devi andare oltre, dare loro il poco tempo che meritano. Anzi, lasciar perdere. Mi ero rotto il tendine d’Achille, sei mesi fermo. Sono andato al Southampton, mi hanno fatto fare una partita in 4 mesi. Volevo tornare a tutti i costi in Italia, è il posto dove sono stato meglio. Mi ha cercato la Lazio, ho detto subito sì. Sono potuto arrivare soltanto a gennaio, quando avevo il passaporto da comunitario».

Prima c’è stata Verona.
«Una fortuna per me, cinque mesi in cui mi sono trovato bene. Sono capitato al momento giusto e me ne sono andato via con un bel ricordo: dei compagni, di Pecchia, dei tifosi».

Quale è stato l’aspetto piacevole della Lazio?
«La qualità dei giocatori. Un conto è vederla da fuori, un conto è toccarla con mano ogni giorno. Ho ritrovato Immobile, che era uno dei “piccoli” quando stavo alla Juve. Ciro non è solo uno che segna: oggi è molto maturo, un uomo squadra. Milinkovic-Savic è bravissimo e con lui metto Luis Alberto: l’avevo conosciuto a Siviglia (nel 2010, ndr), quando io avevo 23 anni e lui 18. Ha qualità importanti, per me è simile a Isco».

E con Inzaghi?
«C’è un buon rapporto. È uno che sa che cosa vuole e sa come ottenerlo. Mi ha sorpreso, come tutta la squadra. Ci avevo giocato contro ma non sul campo. Nel 2009 stava in panchina alla Lazio, con la Juventus abbiamo vinto 2-0 a Roma e io avevo fatto gol. Era la mia prima partita con la maglia bianconera… Non segno tanto ma la mia fortuna è sempre stata quella di fare reti importanti, come le due al Napoli».

Il Milan vi ha beffati ai rigori in Coppa Italia.
«Mentalmente stiamo bene, abbiamo superato la botta dell’eliminazione. Tra andata e ritorno abbiamo di- sputato due belle partite, non abbiamo avuto fortu- na quando è stato il momen- to di buttarla dentro».

Ha citato Dybala, oggi dovrà tenerlo d’occhio.
«Non è Higuain, che sta fermo. Paulo ti porta in giro per il campo, non ti dà punti di riferimento. Sarà molto complicato».

Due incroci di stagione e due vittorie per la Lazio.
«Siamo stati la bestia nera della Juventus, speriamo di esserlo per la terza volta… Vogliamo andare avanti il più possibile in Europa e conquistare un piazzamento in zona Champions: ci ho giocato, è il torneo più bello che ci sia».

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